Cristina Donà

Lady Donà fa sempre centro. Umile e in perpetuo movimento, straordinario incontro d’innovazione e personalità, Cristina è un immenso valore aggiunto al panorama della musica contemporanea. Da seguire passo dopo passo.

INTERVISTA

1.Quando e come ha iniziato a prendere forza la tua grande passione per la composizione musicale?

C.D. :La passione per il canto in se credo esista da prima che venissi al mondo. Devo averla ereditata dai nonni, da mia madre. Una questione di DNA. Dopo anni passati ad ascoltare la mia voce cantare sovrapponendosi ai vinili di casa suonati su uno stereo che mi ha salvato la vita assieme agli artisti che ho amato e ad esibirmi nei locali presentando cover, scrissi finalmente e inaspettatamente la mia prima canzone, intorno al ‘94. Dico inaspettatamente perché non credevo ci sarei riuscita. Ho cominciato interpretando canzoni in inglese e trovare un modo per esprimermi nella mia lingua, anche se può sembrare assurdo, non è stato facile. Ma ecco che arriva come una folgorazione “L’aridità dell’aria”. Non tutta la canzone, solo una suggestione che poi ho elaborato. E’ successo tutto quando ho sentito forte l’esigenza di parlare di me, senza dovermi esprimere attraverso brani altrui. A volta basta l’intenzione per far scattare la molla della creatività. Da lì si parte. Poi c’è tanto, tanto lavoro. E’ stato fondamentale l’appoggio di Davide, colui che successivamente ho sposato. All’epoca eravamo amici. Lui scriveva di musica ed io avevo una grande ammirazione nei suoi confronti. Così quando, dopo avermi sentito cantare per la prima volta, mi disse: “tu devi fare questo nella vita, devi cantare” mi convinsi a prendere più sul serio questa passione. Dobbiamo prendere coscienza del carico che siamo chiamati a portare in questa vita: a volte lo scopriamo da soli, a volte ci aiutano gli altri. L’importante è tenere le orecchie e il cuore in ascolto. Raccontare il mio punto di vista attraverso la voce, le parole e la musica ad un certo momento è diventata una priorità, come essere umano, ma anche come donna.

2. I tuoi brani hanno una forte tridimensionalità. Oltre a musica sanno essere pastosi come i colori di un quadro e possiedono il movimento di una sequenza cinematografica. La genesi di un tuo brano come avviene? Quanto trae forza dalle pure immagini?

C.D. :Può avvenire in molti modi: guardandomi intorno, ascoltando le conversazioni altrui o un brano per caso alla radio. E’ importante sintonizzarsi e decidere di dedicarsi a quell’atto. Compongo e scompongo in continuazione il testo di una canzone sino a quando non capisco che funziona, che funziona per me. Le immagini contano moltissimo, se poi ricolleghi la mia attività di cantante-autrice a quella di studentessa prima del liceo artistico poi all’Accademia di Brera si chiarisce tutto. Sino a poco tempo fa scrivevo solo testi basati sul movimento o sul contrasto di immagini, ora mi interessa anche la narrazione di storie. Un linguaggio nuovo e stimolante. Ogni immagine è per me come una scenografia dove far muovere la storia che voglio raccontare, che sia onirica o reale. Le immagini del nostro subconscio hanno un fortissimo impatto sia psicologico che energetico.  Saper “immaginare bene” è un processo importante. Le canzoni ce lo insegnano. Forse sono rimaste uno dei pochi mezzi che ci aiutano in questo senso. In un epoca dove sembrano volerti togliere questa possibilità perché tutto deve essere sempre terribilmente reale, l’immaginazione è in pericolo. Per questo spesso preferisco la radio alla televisione.

3.Abbiamo amato molto il tuo libro “Appena sotto le nuvole” , raccolta di quadri poetici , foto e pensieri. Manifesta appieno la grande poesia che ti abita . Ci piacerebbe molto che tu commentassi una delle tue composizioni che tanto parla di contemporaneità: “La sofferenza è il male minore. Ciò che ti annienta è uno specchio senza la tua immagine”.

C.D. :Mi rende felice sapere che vi è piaciuto. E’ una sincera raccolta di pensieri con nessuna pretesa poetica e lo dico senza falsa modestia. Sono frasi che ho appuntato nell’attesa che potessero diventare testi per canzoni e piuttosto che lasciarle nel cassetto le ho messe sulle pagine di quel libro, grazie all’aiuto di Michele Monina, autore anche della mia biografia che uscirà a breve. La frase che hai citato è riferita a chi si interessa solo di ciò che sta fuori da se, senza guardarsi mai dentro. Piano, piano si rischia di scomparire se non ci si conosce, se non ci riconosciamo e questo lo dico spesso anche a me stessa. Attribuire le colpe dei nostri mali agli altri è deleterio anche e soprattutto per noi. Il dolore e la sofferenza dovrebbero aiutarci a sapere qualcosa di più sulla nostra natura. Sfuggire a questa logica, per paura (anche se è umano) può significare perdere un’occasione.

4.Quale quadro o opera d’arte a tuo avviso potrebbe meglio rappresentare il momento storico che stiamo attraversando?

C.D. : Forse un quadro di Pollock? Frammentato, confuso, ma anche colorato e vitale. O forse un quadro di Magritte, dove il titolo nega l’immagine. Negare l’evidenza mi sembra un’arte molto praticata.

5.La tua fulgida carriera è stata attraversata da collaborazioni importanti : Manuel Agnelli, Robert Wyatt, Davey Ray Moor, Peter Walsh ( solo per citarne alcune tra le più importanti), fino a quella fondamentale per il tuo ultimo lavoro con Saverio Lanza con cui condiviso la composizione di tutte le musiche .Tutte hanno avuto un impatto importante e di grande qualità. Ci racconti in maniera particolare come è avvenuta quella con Lanza e come si è sviluppata?

C.D. :Buffo, al primo incontro con lui sembravo un gatto pronto a soffiare, o per lo meno il ricordo di me stessa è simile a questa immagine. L’incontro avvenne dopo aver parlato con il mio attuale manager, Gianni Cicchi. Gli avevo espresso il desiderio di lavorare con un arrangiatore/musicista/produttore in grado di aggiungere spessore alla mia musica. Uno che fosse capace di trovare soluzioni armoniche, melodiche e di struttura diverse dalle mie solite senza appesantire i brani. Uno che sapesse essere musicale rispettando il mio modo di entrare nelle note. In base a queste indicazioni Gianni mi ha presentato Saverio. La grande differenza in effetti l’ha fatta, prima di ogni altra cosa, il mio desiderio di affidarmi a qualcuno con il quale condividere la materia musica. Per la prima volta ho delegato, ho aperto le porte ad altri nella fase di composizione del brano. In passato ho lavorato con musicisti incredibili ai quali non sempre ho permesso di scombinare troppo i miei tracciati. Per questo disco ero pronta a farlo. Probabilmente i tempi erano maturi. Poco dopo aver conosciuto Saverio abbiamo lavorato al provino di “In un soffio” poi ad altri brani. Dovevamo capire entrambi se le intenzioni erano le stesse. Anche se ho tergiversato un pochino all’inizio, devo dire che il mio orecchio aveva da subito colto qualcosa di speciale. Quello che mi interessava. Da quel momento in poi ci siamo confrontati prevalentemente via mail, trovandoci di tanto in tanto a fare il punto della situazione. Molti di questi brani sono nati e si sono sviluppati di notte, mentre mio figlio dormiva.  Non potevo fare altrimenti. Saverio è stato preziosissimo e molto bravo ad elaborare il materiale filtrandolo, ma senza togliere la mia impronta. Ha aggiunto parti, trovato soluzioni e schemi a mio avviso geniali. Sono davvero felice di averlo incontrato e credo faremo dell’altro assieme. Me lo auguro.

6.Quest’ ultimo lavoro manifesta ancora più pienamente l’importanza e la forza delle relazioni ,basti pensare ad esempio al tema espresso nel brano”miracoli” , ai testi “più forte del fuoco” e “bimbo dal sonno leggero” dedicata a tuo figlio Leonardo. Insieme all’importantissimo evento della maternità ci sono altri passaggi importanti che hai maturato a riguardo in questi anni?

C.D. :Tutti gli incontri fatti, ma davvero tutti, nel bene e nel male. Una cosa che cerco di ricordare ogni giorno è di andare oltre. Di non fermarmi all’immagine di superficie, sembra una banalità ma non lo è, e soprattutto è terribilmente difficile. Le lezioni di yoga e le conversazioni con la mia preziosissima insegnante mi hanno suggerito un nuovo modo di guardare.